In un mondo che ci vuole ogni giorno più perfetti, rapidi e connessi sempre più spesso si sente parlare di Disturbi d’Ansia.
Chi di noi non ha mai sofferto o non conosce qualcuno che abbia sofferto di una qualche forma ansiosa, come ad esempio gli Attacchi di Panico?
Il termine “Ansia” è ormai sulla bocca di tutti. Questa parola è inequivocabilmente connotata negativamente, come qualcosa da scacciare a tutti i costi, da cui liberarsi il prima possibile. Sembra non esserci più tempo per alcun tipo di sofferenza. Qualsiasi fastidio, fisico o psicologico che sia va eliminato prima che crei degli intoppi nella nostra corsa personale.
Ma alla fine, sappiamo davvero che cos’è l’ansia? Siamo proprio sicuri che sia un’emozione da sradicare ad ogni costo? Lo scopriamo in questo articolo.
L’ansia che fa bene
A ben riflettere, se in migliaia di anni di selezione naturale questa emozione per noi così “fastidiosa” non si è semplicemente estinta, di certo c’è un perché.
La risposta è molto più semplice di quello che si possa immaginare. Nella storia dell’umanità, così come in quella di ogni altro animale, l’ansia e la paura sono due delle principali emozioni che ci hanno permesso di sopravvivere.
Quante gazzelle sarebbero rimaste al mondo se invece di avere una risposta d’allarme alla vista di un leone acquattato dietro ad un cespuglio, esse continuassero semplicemente a brulicare l’erba senza preoccuparsi di venir mangiate a breve?
Nessuna.
Pensando ai nostri antenati cavernicoli che non avevano l’allarme telecomandato tramite lo smartphone alle porte delle caverne, cosa sarebbe successo se non fossero stati dotati di una buona dose di ansia?
Sarebbero finiti nello stomaco dei loro predatori alla prima occasione e, di conseguenza, noi oggi non saremmo qui.
Come possiamo vedere da questi esempi, la risposta d’allarme ha un grandissimo valore funzionale ed adattivo.
L’Ansia è l’emozione che ci permette di reagire rapidamente di fronte ad un pericolo.
A livello fisiologico, nel giro di pochi secondi avvengono delle modificazioni che, in base alla valutazione che facciamo del pericolo, ci permettono di scappare o affrontare la minaccia (risposta “fuggi o combatti”). Il nostro corpo si prepara all’azione: vi è un rapido incremento della frequenza respiratoria, di quella cardiaca (tachicardia) e della pressione sanguigna. Una quantità maggiore di sangue viene pompata verso i principali distretti muscolari per permettere movimenti più rapidi, parallelamente le funzioni digestive vengono inibite e le pupille si dilatano per intercettare al meglio il pericolo.
L’ansia dunque si configura come una risposta d’allarme che compare di fronte ad una minaccia reale o percepita. Proprio per la sua stessa natura di “risposta” ad un pericolo, in assenza di patologia, questa emozione non può mantenersi a livelli elevati per troppo tempo e segue un andamento temporale ben preciso.
1) Una lieve fluttuazione di allerta non fastidiosa (sottosoglia) è sempre presente durante la veglia e serve per monitorare l’ambiente circostante.
2) Quando viene percepito un pericolo l’allerta sale molto rapidamente attivando la risposta fisiologica “combatti o fuggi”. Il picco più alto di ansia si ha dopo circa 5-10 minuti.
3) Superato il picco, l’ansia tende lentamente a decrescere fino a tornare ai livelli sottosoglia.
Quando l’ansia diventa “patologica” e non più adattiva?
Mentre una giusta dose di ansia è in grado di proteggerci dai pericoli e, in vista di una prova, fornisce la carica che serve per affrontare la sfida, un eccesso di ansia può provocare il risultato opposto.
Allo stesso modo, un’ansia generica e non orientata ad una situazione specifica (come quella presente nel Disturbo D’Ansia Generalizzato) può causare una notevole sofferenza sia fisica che psicologica. In queste circostanze l’ansia non ha una via di sbocco. Mancando l’identificazione di una reale minaccia, questa non può né essere affrontata né evitata e la persona si trova intrappolata in una reazione d’allarme destinata a non avere fine.
Il confine tra l’ansia che “fa bene” e quella che “fa male” può essere individuato attraverso la valutazione di tre principali paramenti:
1) Intensità della risposta di allarme
Le persone che soffrono di disturbi d’ansia, a parità di stimoli minacciosi, hanno tendenzialmente delle risposte d’allarme molto più intense. Anche in assenza di stimoli minacciosi. Inoltre, queste persone hanno dei livelli di allerta più alti rispetto a coloro che non soffrono di un disturbo d’ansia.
2) Durata della risposta d’allarme
A seguito del “picco d’ansia”, le persone con un disturbo necessitano di un tempo molto maggiore affinché l’ansia torni ai livelli di base.
3) Frequenza dei picchi d’ansia
Avendo un livello di attivazione di base più elevato rispetto a chi non soffre di disturbi d’ansia, le persone che ne soffrono raggiungono più facilmente e più frequentemente il picco d’ansia.
Concludendo dunque, è di fondamentale importanza ricordare che l’ansia di per sé non è un’emozione negativa, anzi, ci ha permesso di sopravvivere fino ad oggi! Nel confine tra “sano” e “patologico”, tra “ansia buona” ed “ansia cattiva” ci sono molteplici fattori da considerare e non è detto che ciò che disturba una persona, debba necessariamente disturbare anche un’altra.
Quando chiedere aiuto?
Se notiamo di avere delle risposte d’ansia molto intense, frequenti e durature e ci rendiamo conto che esse non sono più solo un fastidio che compare ogni tanto ma sembrano prendere il sopravvento. Quando sentiamo che l’ansia inizia a limitare le nostre scelte e la nostra vita, a causarci problemi sul lavoro o nelle relazioni, allora è probabile che soffriamo di un disturbo d’ansia. In questo caso è utile chiedere al più presto aiuto ad un professionista che possa aiutarci ad identificare la nostra specifica problematica e ad individuare, insieme a noi, le strategie più adatte per superarla.
Per scoprire quali sono i Disturbi d’Ansia clicca qui: Disturbi d’ Ansia