Pulizie di primavera ai tempi del Coronavirus

Questo periodo di emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova ogni nostra abitudine, ci costringe a fermarci, ci isola dagli altri. 
Il Coronavirus gioca a scacchi con le nostre paure più profonde. Mette all’angolo le nostre certezze, ci costringe a rivalutare le nostre priorità, ci chiede di giocare la nostra mossa rimanendo fermi.

La società da sempre ci spinge a fare, ad essere pronti e scattanti il più possibile. Siamo abituati a correre, a non avere tempo per noi né per i nostri affetti.
Siamo così abituati alla mancanza di tempo che, una volta che quel tempo ci viene imposto, non sappiamo che farcene. Allora ci inventiamo il jogging, la spesa così necessaria, la passeggiata col cane e la visita ai parenti. 
Ogni cosa va bene, pur di non stare in quel tempo.

Cosa succederebbe, invece, se insieme all’immobilità fisica imposta, riuscissimo a fermare anche la nostra mente?


Forse, nella tragicità di questa situazione, potremmo scoprire qualcosa di interessante. Iniziando ad allenare la nostra mente all’assenza di movimento, disinnescando i pensieri, sentendoci semplicemente in diritto di penzolare in giro per casa, esplorando il nostro corpo e i viaggi della nostra mente, facendo pace con noi stessi.

L’esperienza clinica di queste ultime due settimane mi ha insegnato molto. Come al solito, i miei pazienti sono un’inesauribile fonte di conoscenza e meraviglia. Sono in contatto quotidiano con le paure delle persone, con la loro difficoltà a tollerare l’incertezza circa il futuro, eppure, in molti di loro, tra questi timori, ho potuto notare anche un incredibile cambiamento positivo. 
Per molti ha finalmente fatto capolino uno stato mentale nuovo, per certi versi sconosciuto.

La serenità. 

Spesso il lavoro terapeutico si incentra proprio sul ridurre la convinzione che sia necessario avere il pieno controllo della propria vita, organizzare minuziosamente il proprio tempo, essere forti e migliorare continuamente sé stessi alla ricerca di una perfezione tutto sommato inesistente. Molte volte la terapia, ridotta all’osso, rappresenta proprio un percorso di accettazione di noi stessi, spogliati di tutti i nostri abbellimenti che, alla fine, finiscono per renderci ciò che non siamo. 
Per molte persone compiere questo passo è veramente difficile. 
E, se qualcosa di buono c’è in tutta questa situazione, forse, sta proprio in questo passaggio.

Il Coronavirus ci ha obbligati a fare qualcosa che, senza un’emergenza di tale portata, non saremmo stati capaci di fare. 
Ci ha costretti a fermarci e permanere in uno stato di assenza di controllo. È arrivato e, in poche settimane, ha spazzato via le nostre certezze e le nostre priorità, ci ha spogliati dei nostri abbellimenti sbattendoci in faccia con violenza inaudita tutta la nostra fragilità di esseri umani.

Ed è proprio nel momento in cui riusciamo ad arrenderci a questa assenza di controllo, ad accettare che l’unica cosa che possiamo fare è restare fermi accogliendo la nostra vulnerabilità, proprio in quel momento, restiamo nudi. 
Costretti dal destino a fare quello che molti di noi temono di più: i conti con noi stessi. 
Non c’è più nessuna scusa, nessuna urgenza. Ci siamo noi e un sacco di tempo a disposizione.

Questo periodo ci obbliga a guardarci dentro per quello che siamo, a riscoprire interessi che non ricordavamo di avere, a prestare attenzione alle piccole cose, ad avere paura, a piangere e a rivedere le nostre priorità. Ed è in questo momento che, guardandoci allo specchio, possiamo scoprire in noi qualcosa di buono. 
Possiamo renderci conto che quel mostro da cui scappiamo da una vita non è poi così spaventoso. Se finalmente ci voltiamo a guardarlo, al di là di un’illusoria ombra terrificante, troveremo solo la nostra umanità. 

Non siamo perfetti, non potremo mai esserlo e, tutto sommato, va bene così. 
Noi andiamo bene così: nudi e fragili in mezzo ad una tempesta. 

Finalmente potremo comprendere che c’è di peggio rispetto a quei due chili di troppo, che anche se la nostra casa non è perfettamente pulita, l’importante è riempirla di cose e persone buone, che le corse esasperate servono a poco. Che tutto sommato potremmo accontentarci anche di molto meno. 
L’emergenza può aiutarci a fare le pulizie di primavera dentro noi stessi, eliminare il superfluo e tenere il necessario. 
Rispolverare i ricordi, far pace con noi stessi per quello che siamo, perché non possiamo, e non dovremmo volere, essere diversi. 

Ed è proprio questa pulizia, la ferma convinzione che c’è di peggio e l’accettazione della nostra immensa vulnerabilità che, in tutto questo caos, può donarci una nuova serenità di cui fare tesoro e da cui ripartire per un futuro diverso, forse migliore. 

MARTA J. DRABIK – PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA COGNITIVO COMPORTAMENTALE
PISTOIA – MONTECATINI TERME- LUCCA – CONSULENZA ONLINE